domenica 9 giugno 2013

Letteralmente parlando


Tempo fa, qualcuno che nemmeno conosco né mi conosce bene, mi disse che io ho la tendenza a prendere tutto "troppo" alla lettera. Rimasi sorpresa da questa cosa perché, nonostante non mi conoscesse, ci aveva azzeccato. E' vero, io prendo tutto alla lettera. E a questo punto è un aspetto evidente di me, anche se io non me ne rendo affatto conto. Fin da piccola per me, come penso per tutti i bambini, quello che si vede è, e non ho mai capito il motivo per cui, a volte almeno, non si deve dire come è. E la logica che fine fa? Quanto capisco la difficoltà dei bambini! Negli episodi comici di cui sono stata protagonista da piccola, c'è ad esempio quello della signora incinta, e della tipa, psicologa per giunta, che, per rispondere alla mia curiosità su cosa avesse quella signora nella pancia, cercava di spiegarmi, con molta delicatezza comunque,  che lì dentro c'era un bambino, e alla quale io, dopo averci pensato un po' su, domandai come l'avesse ingoiato. Oppure la mia sciocca idea che i nomi propri fossero unici, tanto che quando vidi un'insegna di un barbiere che riportava "Luciano", rimasi stupita e non poco, che si chiamasse come mio padre, o riguardo me stessa, quando seppi che la regina d'Inghilterra si chiamava Elisabetta mi misi in testa che, se fossi andata a trovarla, mi avrebbe accolto festosamente perché avevo il suo stesso nome. Questo perché prendo tutto "troppo" alla lettera, troppo in effetti. Un altro episodio risale a quando avevo una decina di anni e ci eravamo appena trasferiti nella casa dei miei, che a sentir loro era nostra, "finalmente una casa nostra finalmente nostra", che non capivo esattamente cosa intendessero ma vivevo direttamente il loro entusiasmo nel dirlo. E allora io, che prendo tutto alla lettera, la considerai casa mia, e presi la scopa per aiutare mia mamma a pulire questa enorme "casa nostra". Quando ad un certo punto la scopa si riempì di polvere,  non sapendo come pulirla, iniziai a sbatterla contro il "nostro battiscopa" (in legno, e per di più attaccato da poco). Al quale mio gesto seguì però un "NO!" urlato da mia mamma e uno da mio padre, che mi spiegarono che non dovevo batterci su. "Ma è un battiscopa", dicevo io. E a questo i miei scoppiando a ridere, mi dissero che quello era più che altro decorativo, battendoci sopra si sarebbe giustamente rovinato, e si chiamava così per evitare che scopando si sporcassero i muri. Quindi è vero, io seguo le parole alla lettera, ho sempre creduto a quelle che vengono espresse, al significato del termine in sé, e non vedo cosa ci sia di strano. Invece di strano c'è che questo modo di fare ti viene FORSE fatto passare finché sei piccolo, quando cresci è considerato un difetto. Ma perché, poi. In fin dei conti si risparmiano tempo e fiato. E magari, parlando letteralmente, ci si capirebbe con più facilità.

2 commenti:

mothy ha detto...

É una bella considerazione che hai fatto...anche tendo a prendere tutto alla lettera....soprattutto l'ho fatto nel momento della giovinezza...ma con la saggezza degli anni ho imparato a prendere alla lettera considerando le cause ambientali...mi spiego, dipende da chi parla, da come parla, in quale contesto parla.......un figlio dice alla mamma in un momento di rabbia "ti odio" ma poi superato quell'attimo di attrito tutto ritorna come prima....in quel caso non si puó prendere tutto alla lettera.....certo é importante comprendere bene il significato delle parole, che a volte hanno un senso a volte altro.....
sale (alimentare) - sale (verbo salire)
mora (capelli) - mora (frutto)
amo (attrezzo) - amo (verbo amare)
legge (verbo leggere) - legge (atti)
testo (cucina) - testo (scrittura)
lingua (linguaggio) - lingua (parte umana)
indice (dito) - indice (libro)
lettera (scrivere una) - lettera (a,b,c....)
spina (pesce) - spina (corrente)
bucato (vestiti lavati) - bucato (oggetto forato)
presa (corrente) - presa (verbo prendere)
guido (verbo guidare) - guido (nome)
viola (fiore) - viola (colore)
sole (astro) - sole (uniche)
botte (contenitore) - botte (percosse)
taglia (verbo tagliare) - taglia (misura)
lira (moneta) - lira (strumento)
subito (verbo subire) - subito (avverbio)
abito (verbo abitare) - abito (vestito)
minuti (tempo) - minuti (piccola taglia)
pesca (verbo pesare) - pesca (frutto)
venti (vento) - venti (numero)
rombo (rumore) - rombo (pesce)
coppa (trofeo) - coppa (salume)
porta (verbo portare) - porta (architettura)
affetto (sentimento) - affetto (verbo affettare)


Che ne pensi?

§^_^§ ha detto...

aah che interessante Angioletta! E infatti spesso sono rimasta fregata io per prendere le cose troppo alla lettera. Anche perché, al di là del fatto che ci sono stesse parole, tipo quelle che hai messo tu, che hanno significato del tutto diverso, ma, più importante, dietro alle parole ci sono le intenzioni di chi parla, che non si vedono né si sentono con le orecchie. Dato che io mi fido ciecamente, sempre, (ho lo stesso "difetto" di mio padre, non vado oltre quello che una persona mi dice di sé), e dato che do sempre un peso fondamentale alle parole, comprese quelle che dico io, non considero che magari chi parla può avere intenzioni del tutto diverse dalle parole che dice (vedi l'elenco che hai messo tu). E allora come si fa? Non lo so :P Per me un linguaggio non può essere interpretabile, la parola serve esclusivamente ad esprimere pensieri, sentimenti, intenzioni di chi parla. Per questo amo molto l'inglese, perché essendoci termini uguali tra loro, o addirittura non avendo nemmeno la distinzione tra maschile e femminile, stanno bene attenti alle parole che usano, e come risultato, la loro lingua è la più esplicita e comprensibile del mondo. Pensiamo ad esempio a to fall in love, cadere nell'amore, che rende perfettamente l'idea, in amore cadi, ti lasci andare. Oppure, come dico spesso, usano Love you per dire sia amo che voglio bene, semplicemente il significato cambia a seconda del destinatario a cui lo dici, un conto è dirlo al tuo compagno, un altro è dirlo a tuo figlio. Sono diversi tipi di sentimento, però sempre amore è. O una regola per tutte, il futuro: loro ne hanno 4 tipi diversi, a seconda di quale usano tu che ascolti capisci perfettamente non solo la parola ma direttamente le reali intenzioni di chi parla. Trovo che l'inglese sia semplice e chiaro, molto più dell'italiano. Almeno io faccio molto meno fatica a "capire", perché lì significato ed intenzioni sono tutt'uno. Mi è rimasto impresso nella mente il giorno in cui questa cosa ce la spiegò l'insegnante all'università in una delle prime lezioni di grammatica, dicendoci che la lingua inglese valuta innanzitutto le intenzioni di chi parla; per questo, nonostante abbia parecchie regole e parole in meno, è molto più precisa e più comprensibile dell'italiano.