sabato 4 ottobre 2014

La matita



LA MATITA
Il termine è ormai in disuso, ma nella seconda metà del Novecento, la comune matita si denominava lapis. In realtà, lapis è la forma, per così dire, primordiale della matita intesa come materiale specifico per la scrittura. La derivazione è latina, da lapis haematites, vale a dire pietra di ematite, un bastoncino di carbone con cui si vergavano le superfici lisce. La matita deve, dunque, il suo nome alla ematite, conservandolo anche dopo la scoperta, nel 1664, di un grande giacimento di grafite nella Contea inglese del Cumberland. Da quel momento, la grafite sostituì l’ematite nella costruzione di strumenti per scrivere, di cui furono perfezionati anche i supporti. Cotta in appositi forni, la grafite, ridotta a bastoncino, fu inserita nelle cavità di cilindretti in legno di pioppo o di tiglio, acquisendo le caratteristiche estetiche e funzionali che conosciamo. Gli italiani Simonio e Lyndiana Bernacotti progettarono il moderno contenitore in legno, quando il francese Nicolas Conté migliorò il materiale, mescolando la grafite con l’argilla, e quando il tedesco Lothar von Faber, intorno al 1840, conferì al sostegno cavo - all’interno del quale inserire l’”anima” - l’aspetto esagonale che ancora oggi conserva, valido per il buon utilizzo e per la corretta impugnatura. L’uso della matita consente di porre rimedio ai “ripensamenti” di chi scrive o disegna: il tratto si corregge facilmente ricorrendo ad una gomma.

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