giovedì 1 novembre 2012

I bambini sono adulti piccoli



con il loro carattere già impostato, che poi andrà ad incontrarsi/scontrarsi innanzitutto nell'ambiente interno in cui crescono, per poi avere l'impatto decisivo con il mondo esterno, dove andranno a costruirsi il loro futuro, la loro famiglia. Se si seguisse una persona fin da piccola, con attenzione, si potrebbe capire il perché delle sue azioni, cosa la porta a fare così invece che colà, perché si saprebbe cosa e in che modo le circostanze esterne hanno influito sul suo carattere di base, generando in lei certezze o incertezze, esaltando un dato lato del carattere e oscurandone un altro. Si potrebbe capire perché una persona è felice oppure non riesce ad esserlo. Una cosa è certa: crescere non è facile. E' una serie di grandi e piccole battaglie, ogni giorno per ogni cosa.
Giorni fa sono venuti qui da me Luciano e Luna dopo la scuola,  entrambi con i rispettivi compiti da fare. Luciano, stranamente! :D, anche se il giorno dopo non c'era scuola (era festa) ha tirato fuori i libri e si è messo a studiare senza battere ciglio. Luna, femmina in tutto e per tutto :D, ha cominciato a fare i picci - aveva da colorare e fare altri compitini del genere - dicendo che li avrebbe fatti l'indomani. Io ho tentato di convincerla a studiare, dicendole che così il giorno dopo lo avrebbe avuto tutto libero per giocare. Ma niente. Si è diretta in cucina dove c'era Luciano, e ha iniziato a rompere le scatole a lui, distraendolo in continuazione, finché alla fine, visto che continuava a dire che non voleva fare i compiti, le è stato detto che andava bene, di fare come voleva, e lei ha attaccato una lagna delle prime. A quel punto sono sbottata io, le ho detto che se lei non voleva studiare, non era giusto che disturbasse Luciano, che poverino non riusciva nemmeno a fare le addizioni per quanto lei lo distraeva e giustamente si stava innervosendo. Luna ha iniziato a piangere, dicendo che lei non voleva fare i compiti, non solo quel pomeriggio, non voleva farli mai più, e diceva però che poi il padre si sarebbe arrabbiato con lei se non li faceva. Allora ho capito che lei non voleva che nemmeno il fratello studiasse, perché altrimenti lei era in difetto, in qualche modo Luciano la faceva sentire in colpa. E' molto competitiva di carattere, e questo non va bene, specialmente con il fratello. Al che ho tentato di calmare la situazione, dicendo che se lei non voleva studiare poteva non farlo, ma che in quel modo faceva un danno solo a se stessa, se studiava non doveva farlo per il padre, ma per sé. Le ho detto che a lei piacciono tante cose, per esempio disegnare (è anche brava), e di dedicarsi a questo, intanto. Dopo un po' di negazioni cocciute da parte sua, si è calmata e hanno iniziato a seguirmi entrambi nel discorso. Ho provato a far capire loro che quello che fanno devono farlo per loro stessi. Ho spiegato a lei che un giorno, quando sarà grande, potrà decidere lei stessa cosa fare, anche riempire lo zaino di oggetti preferiti e andare in giro per il mondo. Ma che ora ha la possibilità di testare le cose da imparare, che tra un po' avranno anche materie nuove, tipo informatica, storia dell'arte, tante informazioni tra le quali potranno scegliere quelle che li appassiona di più e nelle quali magari desidereranno di migliorarsi. Ma fondamentale è capire che tutto quello che fanno devono farlo per loro stessi, non per i genitori né per nessuno. E che mai, in nessun caso, né il padre né la madre né noi, smetteremo di volere loro bene, qualsiasi saranno le loro scelte di vita.

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