venerdì 6 aprile 2012

Usanze, costumi e simboli

Cercavo leggende sulla Pasqua, così come ho fatto con il Natale, ma ho considerato che, in effetti, sono tutte collegate con i giorni della passione. Mi sono però imbattuta sulle origini dell'uovo di Pasqua.


L’uovo è il simbolo della Pasqua. Che sia dipinto o intagliato, di cioccolato o di zucchero, di terracotta o di cartapesta, in tutto il mondo, l'uovo è il ‘must’ della ricorrenza pasquale e nessuno vi rinuncerebbe.
Ma perché l’uovo è simbolo della Pasqua? Facciamo un passo indietro. La simbologia dell’uovo affonda le sue radici nella tradizione pagana. L’uovo è simbolo della vita che nasce e l’origine di ogni cosa: al suo interno contiene la vita. Nelle civiltà orientali soprattutto presso i cinesi e i persiani, l’uovo era simbolo di fertilità e del ritorno alla vita, e in quanto tale l’uovo era il dono che veniva scambiato in occasione delle feste primaverili.
Ma l’uovo è protagonista anche della Pasqua ebraica, la ricorrenza che ricorda l'esodo dall'Egitto e la rinascita spirituale. Il pasto rituale della festa oltre all'agnello, simbolo di dolcezza e di sacrificio, ed al pane azzimo, simbolo di penitenza, prevede le uova, simbolo di una nuova vita
Com'è che dalle feste popolari, religiose comprese, si arriva al consumismo.
Ogni ricorrenza, che unisce gruppi più o meno ampi di persone va a finire sempre che diventa una scusa, o anche un dovere, per comprare, regalare, scambiarsi. Spesso si tratta di cibi, dolci specialmente, tipo panettoni e torroni, o le uova di cioccolato. Fin quando si tratta di ricorrenze storiche (nelle quali per assurdo questo fenomeno consumistico non si verifica quasi mai) passi pure, ma se si tratta di religione il discorso cambia. Tante persone sostengono che non amano il Natale perché è diventata una festa consumistica. Ma che significa, è consumistica per chi la fa diventare consumistica, come ad esempio quelli che sostengono di "dover fare per forza il regalo". Per forza? Sbagliatissimo. Allora ogni regalo che fanno lo vivono come un dovere? Essere felice di condividere una ricorrenza come il Natale, che festeggia il fatto che siamo al mondo, con qualcuno a cui teniamo scambiando con lui un pensiero (perché poi questo dovrebbe essere) diventa un trauma? Ma dai su. Il consumismo ce lo appioppiamo noi, non è così. La Pasqua più del Natale dovrebbe essere sentita perché, come giustamente si dice, è l'evento che più mette alla prova la fede, perché o ci credi o non ci credi (come l'amore. La fede è come l'amore).
Ora come si è arrivati al consumismo? Perché per festeggiare questi eventi c'è bisogno di riti, e di simboli che tutti possano riconoscere. Questi simboli sono stati purtroppo man mano e sempre di più sfruttati dall'economia, ed ecco fatto. Questo però non toglie che nessuno di noi è obbligato a rispettarli. Fare il pensiero per il piacere di fare il pensiero semplicemente per condividere la ricorrenza di qualcosa in cui si crede non è sicuramente sbagliato. Mentre fare il pensiero perché se no quello si offende, perché "non si può non farlo", o perché "bisogna" fare così, non è fede, è soltanto rito consumistico, a cui alcuni sottostanno lamentandosi però di odiare la festa per questo motivo. La Pasqua, come e più del Natale, si sente dentro, il loro valore e le sensazioni che provoca si sentono dentro. E il dovere, le necessità, le forzature, non hanno (non dovrebbero avere) niente a che fare con questo.
Se penso a quello che accade nel mondo, mi vengono solo i brividi. Ma la Pasqua è, tra le altre cose, la speranza (come lo è il Natale), e su questa voglio soffermarmi. Si dice che il 2012, tra le varie profezie che lo coinvolgono (a proposito, devo vedere i Maya!), porti un risveglio delle coscienze, con una comprensione di ciò che conta davvero. Ecco, questa è la mia speranza.

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